Il Training Autogeno: le Potenzialità di una Tecnica
Il training autogeno, noto anche come terapia autogena, utilizza la naturale risposta di rilassamento del corpo per contrastare i sintomi fisici e mentali indesiderati. Attraverso l’uso di tecniche di respirazione, stimoli verbali specifici e meditazione consapevole, il training autogeno può aiutare le persone che cercano un trattamento per ridurre lo stress e raggiungere il rilassamento del corpo e della mente.
L’allenamento autogeno è spesso utilizzato anche in psicologia dello sport, ma può offrire benefici in molte altre aree: ansia, panico, stress, insonnia, difficoltà di concentrazione e di studio..
Storia e Sviluppo
L’allenamento autogeno è stato sviluppato in Germania da Johannes Schultz negli anni Venti del novecento. Medico e psicologo che studiòsotto la guida del neurologo Oscar Vogt per diversi anni, Schultz fu influenzato da molte delle sue idee. I due studiarono insieme il sonno e l’ipnosi, scoprendo che le persone sperimentavano sensazioni di pesantezza, calore e altri segni di rilassamento profondo mentre venivano ipnotizzate. Sulla base di questi risultati, Schultz iniziò a formulare un modo sistematico per indurre questa risposta di rilassamento per migliorare la propria salute, creando alla fine una vera e propria tecnica di allenamento. Questo soprattutto per evitare le problematiche spesso riscontrate con l’ipnosi: non tutte le persone sono infatti ipnotizzabili, inoltre l’ipnosi rende fondamentale la presenza del terapeuta rendendo quindi difficile il raggiungimento dello stato di trans e di rilassamento da soli.
Nel 1926, Schultz presentò le sue prime scoperte sulla formazione autogena alla Società Medica di Berlino. Lui e il suo protetto, Wolfgang Luthe, condussero ulteriori ricerche sull’impatto del training autogeno su vari problemi di salute fisica e mentale. Nel 1932, Schultz pubblicò Autogenic Training, il primo di sette volumi sulla terapia autogena. Questi volumi, utilizzati ancora oggi, sono stati successivamente modificati da Luthe per prolungare la durata del periodo di allenamento e aumentare il livello di sicurezza per chi pratica questa tecnica di rilassamento.
Il dottor Herbert Benson, fondatore del Mind-Body Medical Institute del Massachusetts, ha inserito il training autogeno nell’elenco dell’Istituto dei trattamenti utilizzati per il rilassamento per la prima volta negli anni Settanta. La British Autogenic Society è stata fondata negli anni ’80 e nel 1984 il British Journal of Medical Psychology ha riconosciuto il training autogeno come un trattamento valide ed “economico” per lo stress e l’ansia.
Oggi, i centri di formazione autogena si trovano in diverse zone del mondo, e questo metodo è prevalente nel Regno Unito, in Giappone e in Germania. Secondo la British Autogenic Society, il dipartimento di training autogeno del Royal London Hospital for Integrative Medicine fornisce formazione autogena in un ambiente di gruppo da oltre 20 anni. Questo trattamento però non è ancora entrato a far parte della psicoterapia tradizionale.
Come funziona il training autogeno?
Sviluppato per la prima volta come metodo di rilassamento, l’allenamento autogeno è stato paragonato allo yoga, all’ipnosi e alla meditazione in quanto influenza il sistema nervoso autonomo del corpo. Autogeno significa “che si genera da sé“, e l’obiettivo primario di questa forma di terapia è quello di addestrare le persone a utilizzare la risposta di rilassamento del corpo da sole, quando necessario. Ai partecipanti viene insegnato ad usare questo metodo per gestire le loro risposte emotive allo stress e disattivare l’iperattivazione del sistema nervoso simpatico che influenza sintomi fisici come la pressione sanguigna, la frequenza cardiaca e la respirazione rapida.
Gli operatori certificati in questo approccio utilizzano sei tecniche di base, che vengono insegnate alle persone in trattamento a un ritmo lento e costante che può durare molti mesi. Queste tecniche sono progettate per stimolare un senso di pesantezza nel sistema muscolo-scheletrico e una sensazione di calore nel sistema circolatorio. I terapeuti rivolgono l’attenzione della persona in trattamento anche al battito cardiaco, al respiro ed ad altre funzioni corporee. Le sessioni di solito durano circa 15-20 minuti, ed è fondamentale praticare a casa ogni giorno, utilizzando le tecniche secondo le necessità.
Durante il training si può assistere a dei veri e propri cambiamenti osservabili dall’esterno e misurabili scientificamente come il passaggio da onde beta (onde che il nostro cervello emette nello stato di veglia) a onde alfa (tipiche del rilassamento e del dormiveglia). Nel caso di praticanti esperti è possibile raggiungere anche le onde theta (tipiche del sonno profondo) pur rimanendo coscienti. Si parla in questo caso di coscienza passiva. Avviene un riequilibrio neurofisiologico dell’organismo con una disattivazione del sistema simpatico (deputato tra le altre cose alla risposta di attacco-fuga) in favore di quello parasimpatico (rilassamento e mantenimento dell’omeostasi). Maggiore comunicazione tra gli emisferi, rilassamento muscolare, miglioramenti dei sistemi cardiocircolatorio e digestivo. A livello soggettivo è possibile sperimentare un miglioramento del tono dell’umore, uno stato di rilassamento, un ampliamento della coscienza, una sensibilizzazione dei sensi, scariche autogene (muscolari, riso, pianto..). È possibile infine percepirsi più carichi e riuscire ad entrare in contatto con le proprie sfere emotiva e profonda.
Una tipica sessione di training autogeno
Una pratica di training autogeno potrebbe essere riassunta nel seguente modo: In primo luogo, la persona è incoraggiata ad assumere una posizione comoda, Shultz individua tre posizioni utili: seduto in poltrona, a cocchiere o sdraiato. La cosa più importante è che la postura scelta favorisca il rilassamento. È importante che l’ambiente sia sereno e tranquillo, la persona deve essere a proprio agio e sentirsi sicura. Viene invitata a chiudere gli occhi per concentrarsi su ciò che succede al proprio interno, sia fisicamente che cognitivamente ed emotivamente, riducendo il più possibile le afferenze esterne.
Durante la pratica ci si ripete mentalmente alcune volte gli stimoli individuati da Shultz, per agire a partire dal livello corporeo. Lo stato fisico influenzerà di conseguenza anche lo stato mentale ed emotivo.
Ogni esercizio si concentra su una diversa sensazione nel corpo, e ci sono sei lezioni stabilite (tecniche) incluse nell’addestramento autogeno:
Indurre pesantezza. Gli spunti verbali suggeriscono una sensazione di pesantezza nel corpo;
Non c’è un obiettivo specifico del training autogeno, nel senso che ognuno lo utilizza in maniera ego-sintonica e soggettiva in base alle proprie necessità. Quello che viene chiesto è di mettersi in ascolto di se stessi, accettando senza giudizio tutto quello che arriverà dalla pratica, predisponendosi alla calma e alle sensazioni che ne potrebbero derivare senza pretenderla a tutti i costi. Può succedere che il praticante provi un senso di calma alla sua conclusione e che abbia acquisito un migliore controllo sulle risposte emotive, fisiologiche e fisiche indesiderate agli stimoli, ma non è detto: ciò che è importante è rispettare ed annotare tutte le informazioni che arrivano da sé durante la pratica. Chi si allena regolarmente può trovare un trattamento efficace per una vasta gamma di problemi di salute fisica e mentale.
Al termine della sessione è fondamentale fare una ripresa muscolare, un risveglio, prima di riaprire gli occhi. La persona è incoraggiata a mettere in pratica quanto appreso nello studio del terapeuta anche a casa, almeno una volta al giorno, e a redigere un protocollo sul quale segnerà tutto ciò che osserverà durante il training.
Come può aiutare il training autogeno?
Sebbene sia noto per essere un trattamento efficace per lo stress, la pratica autogena può avere molti altri effetti benefici. Secondo una meta-analisi di oltre 70 studi pubblicati su Applied Psychophysiology and Biofeedback, l’addestramento autogeno sembra essere un trattamento efficace per molti problemi diversi, tra cui emicrania, ipertensione, asma, somatizzazione, ansia, depressione e distimia, e insonnia o altri problemi del sonno.
Inoltre, molti di coloro che imparano e praticano il training autogeno riferiscono la sua efficacia nel trattamento di altri problemi di salute mentale e fisica, come attacchi di panico, fobie, dolore cronico, problemi di stomaco e palpitazioni cardiache.
Praticare regolarmente l’allenamento autogeno, piuttosto che ricorrere ad esso solo quando si è già stressati, può aiutare gli individui a sviluppare la capacità di affrontare lo stress in modo più efficace quando emerge e gestire livelli di stress più elevati. Il training autogeno può aiutare a sentirsi più positivi sulla vita in generale, e a contattare le proprie risorse e capacità già insite in ognuno.
L’approccio può anche aiutare a sviluppare un maggiore senso di empowerment e di controllo sulla propria vita, e alcuni pazienti potrebbero notare che praticare il training autogeno li aiuta a sperimentare una maggiore fiducia in se stessi e una maggiore autostima.
Chi offre la formazione autogena?
La tecnica può essere insegnata in sessioni individuali, in contesti di gruppo (nel privato, ad aziende e organizzazioni, o in università e ospedali).
È importante che l’operatore di training autogeno sia formato ed esperto, poiché questa tecnica è utilizzabile ad un livello di “coprimento”, ma anche come “svelamento” e quindi come tecnica psicoterapeutica, viste le grandi potenzialità. Oltre al training autogeno di base, esiste infatti un training autogeno superiore.
C’è un certo grado di rischio associato al tentativo di formazione autogena senza alcun supporto da parte di un terapeuta. Se usata in modo scorretto, senza l’adeguato contenimento, potrebbe portare ad un aumento della gravità dei sintomi. I professionisti qualificati possono garantire che le tecniche siano insegnate in modo efficace e amministrate correttamente in modo da diminuire il rischio di danni.
Inoltre, i terapisti esperti sono tipicamente in grado di discernere se il training autogeno è appropriato per gli obiettivi da raggiungere e sono capaci di dare indicazioni precise rispetto ad eventuali problemi di salute fisica e mentale per i quali bisogna avere un occhio di riguardo durante il training, come gravi problemi cardiaci, diabete, sintomi di psicosi, comportamento delirante, paranoia e dissociazione.
Articolo scritto dalla Dottoressa Caterina Paiano