Alcune Interessanti Riflessioni su un’Emozione piuttosto Mal Vista
L’odio, a quanto pare, si presenta come qualcosa di molto strano nel corso della nostra vita. Quando lo incontriamo per la prima volta, si configura come qualcosa di nuovo, sconosciuto, proibito, quasi come una parolaccia. Durante l’adolescenza, periodo nel quale la nostra vita viene alimentata dagli ormoni, l’odio diventa improvvisamente più accessibile. Comincia a diventare un’emozione quotidiana, da dedicare a quasi tutto ciò che ci circonda, dai cavoletti di Bruxelles agli insegnanti di matematica.
Per tutta l’età adulta, i suoi ritmi accattivanti potrebbero indugiare sui nostri schermi e nei nostri cuori. Ma con il passare delle stagioni, spesso si comincia a prendere le distanze dalle sue corde stridenti. L’odio diventa una colonna sonora troppo dissonante e faticosa da sopportare.
Qui di seguito ci sono alcune interessanti riflessioni sull’odio ad opera della psicologa Agneta Fischer che ha svolto numerose ricerche su questa emozione esplosiva.
Innanzitutto l’odio è spesso frainteso
L’odio implica la valutazione che una persona o un gruppo sia malvagio. Una delle caratteristiche più particolari risiede nel desiderio di eliminare l’oggetto del vostro odio. Questo aspetto risulta piuttosto interessante perché raramente vorremmo distruggere l’oggetto verso cui rivolgiamo le nostre emozioni. All’odio spesso si unisce la vendetta, perché l’idea alla base della vendetta è di voler ferire la persona o il gruppo tanto quanto si è stati, eventualmente, feriti da loro.
Nella vita quotidiana, la parola odio è piuttosto abusata o comunque usata in maniera arbitraria, ad esempio in espressioni come “Odio la mia insegnante perché mi ha dato un brutto voto”. Le persone di solito non lo pensano realmente. Non odiamo così tanto quanto vorremmo fare credere.
Dalle ricerche della dott.ssa Fischer emerge che quando viene chiesto ai partecipanti ad una ricerca sulle emozioni di ricordare un’esperienza in cui hanno provato odio, di solito non ricordano nessun evento riconducibile a tale emozione. Infatti, una delle sorprese emerse dagli studi dell’odio è che la maggior parte delle persone non riesce a pensare ad un momento in cui abbiano sperimentato il vero odio.
Sembra più facile odiare i gruppi che gli individui
Una scoperta sorprendente delle ricerche è che l’odio si diffonde e aumenta più rapidamente se è diretto ad un gruppo, piuttosto che ad un individuo. Quando odiamo un gruppo, l’intensità del nostro odio può crescere senza doverci confrontare con persone specifiche o con informazioni contrastanti. Stiamo basando il nostro odio su stereotipi e pregiudizi. Se odiamo un individuo, il nostro odio può essere contrastato con l’empatia o una rivalutazione della persona quando veniamo a conoscenza di un suo lato positivo. L’80% degli intervistati nel corso delle varie ricerche, quando interrogati su questioni che li portavano a discriminare tra odio individuale e odio di gruppo, ha parlato di gruppi e non di individui.
Differenze tra odio, rabbia e disprezzo
Odio contro rabbia
La differenza teorica tra odio e rabbia è che l’odio coinvolge l’intero individuo/gruppo, e non un aspetto particolare dell’individuo/gruppo. Odi qualcuno per quello che è, e sei arrabbiato con qualcuno per quello che ha fatto. La rabbia, quindi, può essere considerata più in termini di comportamento. Quando le persone sono arrabbiate con qualcuno, spesso hanno la sensazione di poter controllare l’altra persona. La rabbia, essenzialmente, sta cercando di rimuovere l’ostacolo posto dall’altra persona quando si vuole raggiungere un obiettivo. Ci arrabbiamo quando vogliamo delle scuse, quando vogliamo che qualcuno cambi il proprio comportamento, ecc.
Quando la rabbia viene ripetuta e se non vi sono cambiamenti, può sorgere un elemento nuovo: il disprezzo. Il disprezzo è sentire come se l’altra persona non valga niente, nemmeno la propria rabbia. In realtà siamo ancora arrabbiati, ma stiamo cercando di regolare la nostra rabbia guardando l’altra persona dal basso verso l’alto, mettendo una distanza tra di noi e l’altro appunto.
Disprezzo contro odio
Il disprezzo è la versione fredda dell’odio. Quando si prova disprezzo, si tende a sentire che gli altri, verso cui tale emozione viene rivolta, non valgono nemmeno la propria attenzione. Questa riflessione potrebbe comportare che sia peggio essere oggetto di disprezzo di qualcuno piuttosto che essere oggetto di odio. Per lo meno, con l’odio, non si può essere indifferenti verso l’altro. Ci si sente più coinvolti, perché vorremmo sbarazzarci dell’altro, sia socialmente che mentalmente che fisicamente.
L’odio si diffonde più facilmente della rabbia
L’odio può diffondersi da una generazione all’altra molto più facilmente della rabbia o della frustrazione. Per esempio, nel corso delle ricerche, quando è stato chiesto a persone che avevanovissuto una guerra e a persone che ne avevano sentito parlare solo dalle storie altrui, di quantificare l’odio verso il cosiddetto “nemico”, la “quantità” di odio riportato era la stessa per entrambi i gruppi. Questo significa che non solo le persone possono odiare gli altri sulla base delle esperienze altrui, ma che l’odio può essere trasmesso e insegnato ad altri, come se anch’essi avessero vissuto l’evento. Questo non è possibile con la rabbia, che tende ad essere più intensa se si sperimenta l’evento che la causa in prima persona.
Fisiologia dell’odio
A differenza della rabbia, non esiste un modello fisiologico caratteristico dell’odio, perché l’odio è un’esperienza a lungo termine. Qualcuno può fare qualcosa per farci arrabbiare immediatamente, ma di solito abbiamo bisogno di maggiori informazioni per odiare qualcuno. Nel calore del momento, tuttavia, gli schemi di attivazione dell’odio nel cervello e nel corpo possono essere simili a quelli della rabbia.
Trattare con l’odio
C’è molta confusione sull’odio e su cosa significhi realmente. Se le persone si rendessero conto che l’odio è qualcosa di molto più grande e pericoloso, che include il desiderio di eliminare gli altri, forse cambierebbero il modo in cui tale parola viene utilizzata. Ci vuole intelligenza emotiva per discernere tra i sentimenti. Ma è qualcosa che può essere sviluppata, lavorandoci su. Forse sarebbe importante far capire alle persone cosa pensano e sentono quando dicono “ti odio”, riferendosi ad un gruppo o ad un individuo.
Penso che sia meglio non lasciare che le nostre emozioni raggiungano il livello di odio, piuttosto iniziando a lavorarci sopra per comprenderle e differenziarle, mentre siamo ancora arrabbiati. E se proprio non funziona, forse potrebbe essere utile cominciare a farci delle domande rispetto a quella determinata relazione, e se ha davvero cosi tanto senso mantenerla in vita.
L’odio può dissolversi nel tempo se l’individuo/gruppo odiato, per qualche motivo, si allontana dalla nostra vita, cambia completamente, o se riusciamo a lavorare per cambiare il modo in cui la pensiamo. Non possiamo però contare sul fatto che questo accada da un giorno all’altro. Bisogna lavorare sulla scomparsa dell’odio, come si deve lavorare sul mantenimento dell’amore.