In questo ambito, cosi come in quello familiare, mi avvalgo della collaborazione di una collega che, come me, ha una formazione sistemica. Il motivo per cui siamo in due è da ricercarsi sia nelle caratteristiche del modello sistemico di cui ci avvaliamo, ma anche nel fatto che lo ritengo un ottimo strumento di rispecchiamento e osservazione. Avere due persone davanti a sé, magari in conflitto tra loro, aumenta in modo esponenziale le variabili da tenere in considerazione durante la seduta. Due soli occhi non potrebbero mai bastare per osservare le decine di cose che succedono mentre si è concentrati su uno dei due membri della coppia.
A volte la terapia di coppia è osteggiata da uno dei due partner. In casi come questi non invito mai il partner motivato a convincere quello che non lo è. O meglio: lo invito ad un primo colloquio in modo tale da toccare con mano quanto avverrà nelle sedute. Spesso dietro queste ritrosie si nasconde la paura di ciò che non si conosce o il timore di essere manipolati e trasformati contro la propria volontà. E’ importante tranquillizzare gli scettici mostrando loro che ciò che accade non ha nulla di magico ma piuttosto permette loro di portare le proprie difficoltà senza giudizi né accuse.
Durante le sedute può capitare che, d’accordo con la collega, si decida di uscire dalla stanza della seduta per confrontarsi o condividere osservazioni o strategie utili per continuare la seduta.
Spesso le sedute di coppia hanno una durata maggiore dei canonici 50 minuti per poter dare ad entrambi i membri il giusto spazio di lavoro.
In alcune situazione è altresì possibile pensare di separare la coppia per un numero determinato di sedute, con l’obiettivo di ricongiungerla e preparare i singoli membri ad un confronto su un livello diverso dal precedente.
Queste sono tutte modalità generali, ogni percorso sarà “tarato” e quindi, personalizzato sulle richieste degli obbiettivi della coppia.