KINTSUGI – L’arte di riparare le ceramiche
La parola giapponese “kintsugi” significa “riparare con l’oro” e si riferisce ad una antica tecnica con la quale riparare oggetti di ceramica rotti utilizzando metalli preziosi come l’oro o l’argento. Attraverso tale tecnica la frattura non solo non viene celata, ma diventa addirittura la parte più preziosa dell’oggetto riparato, proprio per via dei materiali utilizzati.
Nella nostra cultura, soprattutto nei tempi in cui viviamo, siamo abituati a nascondere le nostra fragilità, i nostri punti deboli. Cerchiamo di tenerli lontani dalla consapevolezza e di non mostrarli a nessuno, per evitare di essere colpiti proprio la dove siamo più fragili.
La tecnica del kintsugi va nella direzione opposta. È proprio grazie a quella saldatura che l’oggetto è nuovamente integro. Perché quindi tentare di celare qualcosa che contribuisce in maniera fondamentale all’esistenza dell’oggetto? Non sarebbe più sensato valorizzarlo rendendolo visibile e quindi paradossalmente parte dell’oggetto stesso, piuttosto che nasconderlo, rivelandolo ancor di più? Dopotutto è proprio quella “cicatrice” a rendere unico e diverso da tutti gli altri quel determinato oggetto.
Parallelismi tra il Kintsugi e la professione dello psicologo?
Le persone sono uniche e diverse dagli altri per via delle loro storie. E nelle loro storie ci sono delle ferite, delle fragilità, dei punti di debolezza. E anche queste parti contribuiscono a renderci ciò che siamo ai nostri occhi e a quelli degli altri. Anche gli esseri umani portano si di sé i segni delle proprie sofferenze. Queste cicatrici sono parte della storia di ciascuno di noi. Se toccate ci riportano indietro al momento in cui ce le siamo procurate e a quanto siamo stati male. Ma sono anche un modo per apprendere dall’esperienza, per metterci nelle condizioni di non fare più accadere certe cose.
Il lavoro dello psicologo è simile a quello di colui che rimette insieme i cocci di una tazza, dando alla stessa una nuova vita e un nuovo splendore. E questo passaggio è possibile solo attraverso un processo di cambiamento e l’accettazione di quanto successo. Le ferite non sono qualcosa di cui vergognarsi. Sono piuttosto la prova che ce l’abbiamo fatta. Che nonostante tutto siamo ancora qui, vivi e pronti a combattere. La cicatrice diventa la rappresentazione di un limite che è necessario conoscere per poterlo trasformare in un punto di forza.
Ogni persona di questo mondo ha qualcosa per cui ha sofferto, sta soffrendo o soffrirà. Ogni singolo essere umano ha lottato, sta lottando o lotterà con qualcosa che gli lascerà dei segni. Imparare a vederci sotto una luce di questo tipo ci permetterebbe di vederci più simili di quanto non pensiamo. E forse anche più veri e non più cosi bisognosi di mostrarci forti e indistruttibili per evitare di essere mangiati dal pesce più grosso.