Lutto e Perdita: Esiste un Modo per Affrontarli?
Nell’articolo precedente avevo preso spunto dalla serie TV “After Life” in onda su Netflix per trattare un tema molto delicato: la perdita di una persona amata.
La serie in questione racconta di Tony, giornalista presso un giornale locale, che perde la moglie a causa di un tumore e di come, nel corso delle puntate che compongono le due stagioni, egli passa attraverso un processo di elaborazione del lutto, tenendo conto delle nuove tecnologie e degli strumenti personali a sua disposizione.
Durante la visione della serie mi sono ritrovato a fare alcune riflessioni sul tema della perdita e del dolore che ne consegue.
Le 5 fasi del lutto e “After Life”
Quasi chiunque di noi avrà sentito parlare delle cinque fasi che portano all’elaborazione di un lutto sviluppate dalla dott.ssa Elizabeth Kubler Ross. Tale modello prevede l’esistenza di cinque diverse fasi, ripetibili e alternabili tra loro, attraverso le quali si passa quando viene diagnosticata una malattia mortale: negazione, rabbia, patteggiamento, depressione, accettazione.
La dott.ssa Ross precisa come l’ordine sia assolutamente personale, cosi come l’alternanza di fasi, sottolineando il carattere estremamente personale del vissuto relativo al lutto. Non esiste un modo universale di trattare con la morte. Culture diverse la affrontano in modi molto diversi, a volte addirittura reciprocamente incomprensibili. E conseguentemente sono diverse le modalità con cui si “onora” la vita che si è spenta e ci ha lasciati.
Guardando “After Life” ci rendiamo subito conto di come tale evento abbia avuto un impatto micidiale sulla vita di Tony. La morte della moglie assume le caratteristiche di uno di quei lutti dal quale sembrerebbe impossibile, per chi rimane in vita, riprendersi e voltare pagina. All’inizio, infatti, ci troviamo di fronte un Tony chiuso e ritirato in un “lutto autistico”, che non concepisce la presenza dell’altro come fonte di sostegno e aiuto. Anzi, l’altro diventa l’oggetto su cui scaricare la propria rabbia, la propria frustrazione e la propria tristezza senza che ciò comporti un miglioramento dell’umore per Tony. Egli è completamente vittima del proprio dolore e della propria difficoltà nel gestirlo ed affrontarlo. Il rischio che un tale circolo vizioso lo fagociti è molto alto.
Fortunatamente per lui, la moglie gli ha lasciato una serie di video in cui lei si mostra, ormai malata, pronta ad affrontare l’ultima grande prova della sua vita, interrogandosi su come farà Tony a superarla. Per questo lo invita a non limitarsi a concentrarsi sui sentimenti negativi, che inevitabilmente proverà, ma a fare affidamento a quelle risorse che lo potranno aiutare a trovare un modo per accettare quanto successo.
Nella serie si assiste, pertanto, ad un processo di trasformazione del concetto che inizialmente il protagonista ha di quanto successo e che lo porta lentamente a cambiare il suo modo di stare in relazione con gli altri. Non assistiamo, fortunatamente aggiungo io, ad uno stravolgimento del personaggio: Tony rimane comunque un uomo un po’ burbero, con un fine senso dell’umorismo, e continuerà a soffrire per quanto successo. Ma la sua sofferenza non lo inaridirà, né gli negherà il diritto di continuare a vivere.
Paradossalmente, in quest’ultimo periodo mi sono imbattuto in diverse forme d’arte in cui il tema trattato era la morte: cinema, letteratura, graphic novel. A tal proposito ho ripensato al bellissimo libro di Gipi, straordinario disegnatore italiano, che in “Momenti straordinari con applausi finti” tocca questo delicato tema. E lo fa con un misto di freddezza e calore che sembrano quasi impossibili da conciliare. La storia qui ruota attorno ad un attore di stand up comedy che si trova a fare una serie di serate proprio mentre l’anziana madre sta morendo in un letto di una casa di cura. La morte entra a gamba tesa nei suoi spettacoli e viene accettata dai presenti, del tutto ignari di quello che sta provando l’uomo sul palco. In questo senso, la differenza tra “Momenti straordinari…” e “After Life” non potrebbe essere maggiore. Nel primo, il pubblico che ruota attorno al protagonista non sa nulla di quanto succede dietro le quinte e assume un ruolo quasi catartico per l’attore che spara sui presenti le sue battute tese ad esorcizzare il dramma imminente. Nel secondo, le persone vicine a Tony sanno cosa ha e sta ancora passando, e sanno quanto lui sia allergico alla compassione. E sono proprio loro le vittime predilette, sulle quali scaricare la propria rabbia e la propria frustrazione. Questo per sottolineare come lo stesso tema, la morte, venga affrontato e gestito diversamente da chi si trova in un ruolo da “protagonista”. E di come cambia la percezione che abbiamo delle persone che ci stanno attorno e di quale ruolo diverso potrebbero avere di volta in volta.
Nel lutto e nella perdita: “La morte si fa social” di Davide Sisto
Nel suo penultimo libro, intitolato “La morte si fa social”, il prof. Davide Sisto, filosofo esperto di tanatologia, affronta proprio il tema di come il concetto di morte sia cambiato nel corso degli ultimi anni, grazie soprattutto all’uso dei social network. Sempre più spesso, infatti la morte è passata dall’essere un fatto privato, da tenere quasi nascosto agli occhi degli altri, a qualcosa da consegnare alla comunità, affinché sempre più persone possano esserne al corrente, anche chi magari ha una rapporto puramente virtuale con chi condivide la notizia. Sempre più spesso si trovano post che sono in tutto e per tutto dei brevi epitaffi, volti a comunicare la morte o il ricordo di qualcuno che non c’è più. Una sorta di “Antologia di Spoon River” in versione tecnologica. Addirittura, prosegue il prof. Sisto, molti profili si sono trasformati in memoriali virtuali in cui poter dedicare un pensiero al defunto.
”La morte si fa social” si apre proprio con una riflessione che l’autore fa dopo aver ricevuto una notifica relativa ad un ricordo relativo ad una persona recentemente scomparsa.
Un tema costante in “After Life” è dato dai video della moglie che Tony riguarda continuamente. Inevitabilmente la tecnologia ha modificato la nostra vita. E nello stesso modo sta contribuendo a modificare la nostra morte. La possibilità di vedere e rivedere un proprio caro attraverso un video, vederlo muoversi, sentirne la voce, non sono affatto cose scontate. O meglio, lo stanno diventando. Come scrivevo nell’articolo precedente, non esiste alcun filmato di mio padre da vivo, ragion per cui non lo vedo muoversi né sento la sua voce dal giorno in cui ci ha lasciati. Ma chissà come sarebbe se potessi usufruire di un tale strumento per ricordarlo in maniera assolutamente fedele, senza le distorsioni del tempo e della memoria.
Non ho la risposta perché, come scritto, non ho strumenti che mi permettano di sopperire a quella mancanza. Mi rimane semplicemente la consapevolezza che nell’affrontare un lutto ognuno di noi metterà in atto le strategie che verranno dettate dalle risorse di cui si dispone, cercando di passare attraverso la prova più dura che ciascuno si trova ad affrontare nella propria vita.
Leggi anche l’articolo correlato: ““After Life”: la Morte ai Tempi dei Social“