Il disturbo d’ansia si manifesta come una sensazione di grande preoccupazione o profonda paura, spesso del tutto priva di fondamento, rispetto a situazioni reali o immaginate che avvengono nell’ambiente esterno. Generalmente chi presenta un disturbo di questo genere, si caratterizza per avere idee fisse e ricorrenti, che si esprimono in forma di preoccupazione, e che contribuiscono ad un vissuto fortemente stressante.
Spesso c’è una sorta di incapacità di “stare nel presente”, nel “qui ed ora” per cui si anticipano eventi futuri, a volta puramente ipotetici, che vengono vissuti con preoccupazione. I pazienti che soffrono di questo disturbo evitano il più possibile di esporsi a situazioni che essi stessi percepiscono come fonte di possibili preoccupazioni.
L’ansia si manifesta anche a livello fisico con un aumento della pressione sanguigna, sudorazione, palpitazioni, respiro corto, nausea. La presenza di queste sensazioni fisiche sono ciò che maggiormente bloccano il paziente, che cerca il più possibile di evitare situazioni che possono causare tali vissuti.
Nonostante una sintomatologia che la rende molto simile alla paura, l’ansia si differenzia da essa per il fatto che mentre la paura ha un riscontro diretto con un evento che avviene in quel momento, l’ansia ha generalmente a che fare con una preoccupazione, ipotetica o meno, di un evento che potrebbe avvenire nel futuro.
Nonostante un quadro clinico piuttosto variabile, il disturbo d’ansia è uno dei disturbi maggiormente diffusi nella società odierna. I ritmi frenetici cui la maggior parte delle persone è costretta contribuiscono a creare stati emotivi riconducibili ad un disturbo d’ansia o, più frequentemente, ad una sintomatologia che presenta punti in comune con quelli elencati poc’anzi. Proprio grazie alla sua diffusione, il disturbo d’ansia, soprattutto a livello meno invalidanti, è più comunemente gestibile da chi ne soffre. In ogni caso rivolgersi ad un professionista per comprendere non tanto il modo in cui controllarlo o l’origine o le cause che possono averlo scatenato, ma soprattutto i comportamenti che inavvertitamente contribuiscono al suo mantenimento da al paziente le giuste risorse per contrastare e sconfiggere tale invalidante disturbo.
L’ansia in Terapia
L’ansia è uno dei principali motivi per cui i miei colleghi ed io veniamo contattati dai pazienti. Al di la delle spiegazioni tecniche di cosa essa comporti, di cosa succeda a livello fisico e a livello psicologico, ciò di cui mi interessa scrivere qui è l’esperienza professionale che ho nei confronti di questo disturbo.
Innanzitutto devo riconoscere che una certa dose di ansia sembra essere presente in tutte le persone con cui ho a che fare. Generalizzando, mi verrebbe da dire che forse è qualcosa che ci contraddistingue come essere umani che vivono in paesi economicamente benestanti. La società in cui stiamo vivendo adesso è afflitta, a mio parere, da due grandi disturbi: l’ansia e lo stress. E spesso questi due vanno a braccetto.
Tornando a noi, anche chi non mi contatta direttamente per una difficoltà legata all’ansia, ha, di fatto, un rapporto con la stessa. A volte è circoscritta a determinate situazioni, per esempio sociali o lavorative, a volte riguarda specifiche persone, per esempio i propri figli o genitori anziani, a volte riguarda il recarsi in determinati luoghi, per esempio posti affollati; qualunque sia la motivazione per la quale si prova un vissuto di ansia, essa fa parte della vita di molte persone, più di quanto si possa immaginare. Nonostante si tratti di un problema condiviso, ognuno lo affronta in un modo diverso dall’altro e ovviamente questo comporta la necessità di conoscere la persona che si ha di fronte prima di cominciare a costruire, insieme ad essa, la strategia necessaria per poterla fronteggiare.
Nel mio lavoro ritengo fondamentale la conoscenza del cliente, proprio perché, a fronte di problemi simili, ognuno ha una storia personale, strategie, risorse e fragilità diverse. E’ l’unicità della persona che rende interessante il mio lavoro.
Come dicevo in precedenza, l’ansia può manifestarsi in certi modi a livello fisico. Nel paragrafo sopra, potete trovare una descrizione fenomenologica di come essa si manifesti. Se mi attenessi ad essa però, rischierei di fornire a tutti, più o meno, soluzioni simili. Quella che incontriamo digitando “ansia” su Google non è che una descrizione sommaria di come essa si manifesti nella stragrande maggioranza dei casi. Ma nulla mi porta ad escludere che il prossimo paziente che varcherà la soglia del mio studio possa soffrire di ansia e viverla in un modo che non rientra schematicamente in nessuna descrizione. E come potrei fare se mi trovassi in una situazione del genere?
Semplice, lo ascolterei e nel corso delle sedute successive imparerei a conoscerlo fino al punto di percorrere insieme la strada per la soluzione del problema.
Ansia come Macchina del Tempo
Spesso chi soffre di ansia tende a proiettarsi nel futuro o a immaginare situazioni future, non necessariamente avverabili, come impossibili da risolvere. L’ansia è una sorta di macchina del tempo. Una macchina del tempo un po’ ingannevole però. Perché entrando in essa noi non veniamo mandati avanti nel tempo come con la DeLorean di “Ritorno al Futuro 2”. O meglio, veniamo proiettati in un futuro apocalittico dove tutte le nostre peggiori paure sono diventate realtà, dove nulla è rimasto intatto, dove tutto è nero e senza speranza. Ovviamente vivere in un contesto del genere non può piacere a nessuno. C’è però un aspetto interessante. Quel futuro non esiste. Non ancora almeno. E proprio come nel film, noi abbiamo la possibilità di intervenire nel “qui ed ora” per creare le condizioni di un futuro un po’ meno nero e un po’ più colorato. Questo perché è l’unico modo per schiodare il paziente dalle sue convinzioni circa un futuro catastrofico e gettare le basi per affrontare il presente, cercando di risolvere nel “qui ed ora” ciò che è risolvibile e imparare ad attendere l’eventuale problema che, nel caso, si presenterà più avanti nel tempo. Può sembrare un aspetto banale, ma senza questa consapevolezza iniziale, risulta estremamente difficile scalfire il muro di granito costruito dall’ansia. Infatti le resistenze sono tante. Qualche settimana fa mi trovavo in studio con una paziente che non riusciva a smettere di preoccuparsi per un eventuale problema che, qualora si realizzasse, questo accadrebbe tra non meno di un anno. Eppure per lei questa difficoltà era li, dietro l’angolo, e aveva tutte le componenti di qualcosa già fatto e finito. Ma in realtà nessuno, neanche lei stessa, può sapere come andranno le cose da qui a dodici mesi.
Conclusioni
Episodi come questi sono all’ordine del giorno nel mio lavoro. Per questo, grazie all’esperienza sul campo, ho imparato che il primo importante passo da fare insieme al paziente è quello di renderlo consapevole dell’importanza di concentrarsi su ciò che accade oggi, in questo momento e in questo luogo. Solo cosi potrà gettare le basi per un eventuale cambiamento che potrebbe scongiurare anche le ipotesi peggiori.
Dopotutto il cambiamento non avviene né nel passato né nel futuro, ma solo ed esclusivamente nel presente.