“Skam Italia”: C’è Speranza per le Nuove Generazioni
Continuano gli articoli che prendono spunto da serie tv e affini. Oggi è la volta di Skam Italia, versione italiana del format norvegese che ha dato vita a varie versioni in giro per l’Europa. Skam racconta le vicissitudini di un gruppo di ragazzi che frequentano il liceo e che affrontano giorno dopo giorno le piccole e grandi sfide che la fase dell’adolescenza in cui si trovano mette loro di fronte. La versione italiana è arrivata alla quarta stagione e in ogni stagione si segue da vicino un personaggio in particolare e le sue interazioni con gli altri. Quindi può capitare che il protagonista di una stagione sia assolutamente marginale in quella successiva.
Fin da subito si viene proiettati in una realtà che ogni adulto pensa di conoscere, ma che poi, in fondo in fondo, non si conosce così bene. Forse perché si inciampa nell’annosa “sfida tra generazioni” dove la generazione precedente guarda con malcelata superiorità e strafottenza quella emergente. Penso succeda fin da quando il primo gruppo di primati ha sperimentato l’ebrezza della posizione eretta. Immagino le generazioni precedenti sbuffare e commentare a denti stretti che tanto quella bizzarra andatura non avrebbe funzionato…
E non mi vergogno ad ammettere che il motivo per cui ho iniziato a guardarla ha a che fare con questo assurdo pregiudizio. Come genitore che presto comincerà a “subire” l’adolescenza della figlia più grande, ho pensato che per evitare di cadere nel luogo comune dei miei di genitori, sarebbe stato più interessante ed utile provare a conoscere un po’ meglio le abitudini di queste nuove generazioni. E ho pensato di cominciare da qualcosa di semplice ma, per quello che avevo sentito, estremamente efficace. Si, perché più che un tomo di 836 pagine sulle teorie sociali riferite alle nuove generazioni, sentivo di avere bisogno di qualcosa di più “fresco” e attuale; qualcosa di facilmente fruibile e con un linguaggio “vero”.
Le caratteristiche di “Skam Italia”
Inutile dire che mi sono immediatamente innamorato della serie, che è fatta molto bene sotto molti punti di vista, soprattutto quelli che possono interessare chi fa un lavoro di psicoterapeuta come il mio o che si trova a vivere di persona situazioni simili a quelle descritte nella serie. Perché capire è più importante che giudicare.
La cosa che mi è piaciuta di più è la sensazione che la serie sia molto realistica, nel senso che i personaggi hanno caratteristiche cosi trasversali da rendere immediata la sensazione di sapere ciò di cui si sta parlando. Non è una serie di belloni o ricchi sfondati, come poteva capitare alle serie che ci propinavano durante la nostra adolescenza. Non vivono dall’altra parte del mondo e hanno abitudini o culture di riferimento diverse dalle nostre. Skam si svolge a Roma. Quindi credo sia abbastanza semplice vedere nell’adolescente romano la proiezione di quello torinese, bolognese, palermitano o barese.
Come dicevo all’inizio, ognuno di loro sta lottando con un suo piccolo o grande dramma personale. E lo fa da solo e con l’aiuto degli amici fidati. Perché in quella fase il gruppo dei pari riveste un ruolo fondamentale e i problemi che per un adulto di oggi sembrano bazzecole, per un adolescente sono le prime grosse sfide della vita: l’amore, l’accettazione, il disagio con sé stessi. Alzi la mano chi non ha vissuto uno di questi drammi.
“Skam Italia”: siamo stati tutti adolescenti
E qui subentra la mia personale grande sorpresa: rivedersi in quelle situazioni. Già perché siamo stati tutti adolescenti. Non importa se non avessimo internet o i cellulari, la Playstation o Instagram. Quelle situazioni sono comuni a molti, se non a tutti gli adulti di oggi. E non “era meglio prima perché oggi questi ragazzi non conoscono il valore di questo, quello e quell’altro….”. Il fatto di non aver avuto il cellulare non ci ha reso né ci rende migliori. Perché, anche senza cellulare, eravamo incomprensibili per la generazione dei nostri genitori, i quali forse erano altrettanto incomprensibili alla generazione dei nostri nonni, e cosi via all’infinito, fino ad arrivare ai famosi primati di cui sopra.
Inoltre, ci tengo a sottolinearlo, i temi affrontati finora sono tutto fuorché semplici e frivoli. Nella seconda stagione per esempio si affronta il tema dell’omosessualità e di come venga vissuto il passaggio al coming out da parte del protagonista. Nell’affrontare il tema emerge la difficoltà del personaggio: i suoi vissuti interiori, le paure, l’eccitazione, i confronti con chi ha già esplicitato la propria scelta. Insomma uno spaccato di realtà non cosi lontano dalla quotidianità di molti, al di là del tema trattato.
Gli adolescenti di oggi sono quindi meglio o peggio degli adolescenti di ieri? E di domani? Non importa. Una risposta a queste domande implicherebbe mettersi in una posizione di presunta superiorità, che nessuno può arrogarsi di avere.
Che la guerra tra le generazioni continui, nei secoli dei secoli. Ma con un po’ di attenzione in più potremmo finalmente uscire da questo circolo vizioso e sospendere il giudizio in favore di una maggiore comprensione.